Il nostro corpo, che proviene da millenni di evoluzione, negli ultimi due secoli e mezzo si è trovato a vivere cambiamenti radicali nel modo di stare al mondo e ricevere cure, cibi e sicurezze che prima erano praticamente impensabili. Non c’è bisogno di scomodare la PNL per dire che il presente è il migliore dei mondi possibili, anche perché è l’unico per noi. Non si può tornare nel passato o andare nel futuro fisicamente, allora che senso ha farlo con la mente? Pensare al presente significa garantirsi un buon grado di felicità e appagamento, mentre andare continuamente con la mente al passato o pensare solo al futuro ci porta ad aumentare i nostri livelli di stress, ansia e paura. In particolare l’ansia, che si presenta spesso in forma di agitazione che ci fa battere il cuore in modo accelerato, ci fa sudare le mani e toglie la concentrazione. L’ansia ha lo scopo di proteggerci, in modo simile alla paura, da un pericolo mortale. Ma oggi proviamo ansia per questioni molto meno che di vita o di morte: parlare in pubblico, fare un colloquio di lavoro o prima di una gara sportiva. Abbiamo cercato in tutti i modi di eliminarla e sopprimerla e abbiamo inventato medicinali molto potenti per farlo ma io credo che esiste sempre una via neuro-linguistica alla risoluzione di questi problemi; ovviamente quando si presentano in forma patologica è necessario rivolgersi a uno psicoterapeuta qualificato e di fiducia. Io parlo da coach e mi riferisco a quei livelli di ansia assolutamente fisiologici che ciascuno di noi ha sperimentato nel corso della propria vita prima di un evento importante. Tanti anni fa Timothy Gallwey nel suo libro The Inner Game of tennis comprese fra i primi quanto il fattore mentale fosse importante per la prestazione atletica e formulò il suo teorema: la Prestazione è uguale al potenziale meno le interferenze. L’osservazione era geniale ma l’applicazione pratica mi ha sempre lasciato un po’ perplesso: come faccio a eliminare tutte le interferenze per raggiungere il massimo della prestazione esprimendo tutto il mio potenziale? La risposta è semplice: non posso. Le interferenze ci sono sempre – l’ansia può essere una di queste – e io credo che sia necessario integrare le interferenze per aumentare il proprio potenziale. Pochi mesi fa è stato pubblicato il risultato di una ricerca che conferma quanto sostengo in maniera empirica da molti anni: le persone che consideravano gli eventi stressanti come sfide – piuttosto che minacce – hanno tratto forza dalla propria ansia. Questo aumento di energia disponibile ha migliorato le loro prestazioni permettendogli di esprimere al massimo il loro potenziale (e anche di più). Questi risultati suggeriscono che le persone che sono capaci di riconoscere chiaramente le proprie emozioni hanno maggiori probabilità di rendere ansia ed eustress propri alleati e usarle per raggiungere obiettivi e trovare soddisfazione sul lavoro. In fondo questo era già chiaro nella formula di Gallwey: se decidi di eliminare le interferenze impegni una parte delle tue energie a combattere e non le utilizzi completamente per raggiungere il tuo obiettivo. Quando invece decidi di abbracciare ansie e paure e inizi a pensare che la tua ansia è una emozione vigorosa e piena di energia vitale, pronta per spingerti oltre i tuoi limiti, puoi rendere l’interferenza interiore una riserva di carburante per cambiare radicalmente e iniziare a vedere lo stress come una sfida, piuttosto che come una minaccia.